Jean-Martin Charcot ipnotista (1825-1893)

 

Jean-Martin Charcot (1825-1893) è un neurologo che insegna alla Sorbona, diventando assai noto sia in Francia sia all’estero, tanto che ama farsi chiamare “Napoleone della neurologia”, mentre si adopera per un rilancio decisivo in ambito medico ufficiale della pratica ipnotico-suggestiva e in genere psicodinamcia, che già da quasi un secolo è di applicazione frequente alla Salpêtrière ma senza metterci una particolare enfasi.

Charcot è un personaggio ambizioso e dall’autostima elevata, che ha sposato nel 1864 la ricca vedova Victoire Augustine Durvis nata Laurent-Richard, erede di una famiglia molto solida e ben introdotta in società, e si dedica volentieri a trovare uno spazio visibile nella mondanità aristocratica parigina.

Dopo una lunga carriera come ricercatore, specie in campo neurofisiologico e come professore di anatomia patologica, verso l’età di cinquant’anni Charcot prende quasi all’improvviso a occuparsi sistematicamente d’ipnosi e d’isteria.

All’epoca è già molto conosciuto, ma non come psicologo bensì come moderno scienziato di matrice sperimentalista.

La scintilla che lo attiva verso il mondo sempre un po’ controverso del magnetismo-ipnosi sembra sia l’enorme popolarità che è stata raggiunta dalle recenti guarigioni indicate come miracolose a Lourdes, specie dopo la pubblicazione del bestseller di Lasserre (1868) che promuove la guarigione magica che interverrebbe da quelle parti.

L’illuminista Charcot (1893) mal sopporta l’idea che questi fenomeni siano considerati il prodotto di un intervento soprannaturale, mentre la sua mentalità scientifica positiva è assolutamente certa che si tratti di fenomeni suggestivi sotto forma di psicosi collettive.

Tra l’altro, Charcot ha visto all’opera degli ipnotisti teatrali e in modo particolare il famoso Donato, da cui resta notevolmente impressionato e che considera un operatore sicuramente credibile.

Charcot si convince che le guarigioni, così come le presunte malattie da cui apparentemente la gente semplice guarisce a Lourdes, siano dei fenomeni isterici, che vengono superati in virtù di quegli stessi processi che li hanno generati.

È probabile anche che ritenga di poter ottenere una maggiore visibilità con il fatto di mettere cappello come scienziato su dei temi di così largo seguito popolare, trattando insieme i miracoli e l’ipnosi.

Nel 1871, Charcot prende a utilizzare in prima persona l’ipnosi alla Salpêtrière, con dimostrazioni dal carattere spettacolare e anche morboso dove cerca di emulare, sotto la propria etichetta scientifica, quello che ha visto fare in teatro.

Nelle rappresentazioni del professor Charcot, sul palcoscenico della grande aula nella Salpêtrière di Parigi (che successivamente è stata intitolata Amphithéâtre Charcot) si ritrova chiaramente anche l’eco degli spettacoli dimostrativi del professor Elliotson nell’aula-anfiteatro della London University negli anni ’30.

Le dimostrazioni di Charcot sono teoricamente riservate ai soli medici, ma non manca di metterne al corrente anche la stampa, che volentieri va a vedere e ne parla.

L’entusiasmo che Charcot sente per l’ipnosi lo spinge a fare realizzare nel 1886, con la sua famosa primadonna Blanche Wittman, per un enorme (metri 4.30 x 2.90) ritratto celebrativo dai colori forti (chiaramente ispirato al famoso quadro di Philippe Pinel che libera i pazzi dalle catene alla Salpêtrière, commissionato dalla famiglia di Pinel a Tony Robert-Fleury nel 1795) che si fa realizzare dal pittore professionista André Brouillet (1857-1914) fornendogli anche tutte le fotografie dei partecipanti alla sua immaginaria lezione, tutti ritratti come molto affascinati dalla straordinaria performance.

Il brillante Charcot fa presentare il quadro al Salon d’Art di Parigi nel maggio del 1887, con il titolo di Une leçon clinique à la Salpêtrière, dove viene tempestivamente acquistato dall’Académie des Beaux-Arts per 3.000 franchi (per cui tutta l’operazione non lo danneggia certo economicamente).

Molta della fama di Charcot viene proprio da questa geniale trovata mediatica autocelebrativa, di cui lo stesso Freud tiene per tutta la vita una riproduzione in bella vista nello studio, che non pochi posteri scambiano volentieri per una specie di fotografia documentaristica.

Nella realtà, Charcot è un ipnotista incerto, che di solito impiega sempre le stesse poche pazienti, che ha constatato essere molto portate a fare da dimostratrici e che sono quindi sempre più allenate, le quali vengono ipnotizzate in precedenza dai suoi assistenti (Owen, 1971; Didi-Huberman, 1982).

Le pazienti (sempre donne) Di Charcot alla Salpêtrière fanno la parte quasi di una compagnai di attrici di giro, come le sorelle O’Key di Elliotson o le sonnambule professioniste di molti teatri e gabinetti magnetici che impazzano all’epoca. Comunque: Charcot ottiene un successo notevole, con le lezioni, a volte con spettacolo,  che tiene regolarmente per alcuni anni il martedì sempre in tema di ipnosi e di isteria (Charcot 1872-1887).

Charcot sembra nutrire una concezione molto approssimativa dell’ipnosi, più vicina al fantasioso pregiudizio popolare che non ai dati della ricerca, pure al tempo già solidi, nei termini della sperimentazione clinica sistematica universitaria.

Da un lato: Charcot vuole mantenere il fenomeno in un ambito materialista, per cui si sente più vicino all’idea di un possibile fluido magnetico che non a quella di un fenomeno esclusivamente psicologico (1878).

Dall’altro lato: accentua i toni teatrali e stregoneschi di questa metodica, per cui nelle sue spettacolarizzazioni, dove gioca la parte dell’ipnotista-mago più che dello scienziato in laboratorio, Charcot cerca di dimostrare con evidenza che la paziente (”la donna”) di fronte a lui diventa “plastica come la cera” piegandosi al suo influsso di potente maestro della medicina.

Sul piano clinico, Charcot sostiene che l’ipnosi è una forma di malattia più o meno degenerativa, su base ereditaria, la quale si manifesta solo nelle donne isteriche.

La sua visione non distingue chiaramente fra ipnosi e isteria, che considera pressoché sinonimi.

Charcot ritiene che la sindrome ipnotico-isterica, che nelle sue forme più rilevanti chiama Grande Isteria o Istero-Epilessia, si sviluppi in tre stati successivi: 1) letargico; 2) catalettico; 3) sonnambulico.

La teoria di Charcot è assai lontana dalle concezioni personologiche e psicopatologiche più diffuse nell’Ottocento (come anche oggi) ed è condivisa quasi solo dai suoi assistenti in carriera, ma diventa la bandiera della teoria ipnotico-isterica che fonda la Scuola della Salpêtrière.

Quindi, essendo sostenuta con insistenza da un personaggio ben noto e che sa farsi notare, l’idea esercita una certa influenza fino alla morte di Charcot, per poi venire immediatamente dimenticata pressoché da tutti i clinici e i ricercatori.

Una forza trainante dell’idea di Charcot, che invece permane a lungo, sta nella volontà di proporre decisamente l’ipnosi e la terapia suggestiva come degli strumenti per la pratica clinica dei medici, invece che di altre figure professionali come gli emergenti psicologi.

Per cui Charcot mette un costante impegno a distinguere tra il vero ipnotista biomedico e i ciarlatani (tra i quali, più o meno esplicitamente, comprende i preti) i quali approfittano della credulità della gente per dare spettacolo e per manipolare i più ingenui.

Un grande promotore della fama di Charcot è Freud, che rimane colpito dalla sua personalità così autorevole e di successo anche sul piano economico e mondano, come anche dalla sua grande abilità nella gestione della propria immagine pubblica, quando lo vede in azione durante i quattro mesi che passa come studente alla Salpêtrière nel 1885.

Freud sceglie immediatamente Charcot come proprio modello di riferimento e come riferimento promozionale, per cui cerca di accreditarsi a Vienna come suo allievo e quasi una specie di suo erede, benché lo abbia potuto vedere solo a lezione e da lontano.

Sul piano operativo e teorico Freud ha chiaramente ripreso molte più teorie e tecniche degli ipnotisti Bernehim  e Liébeault a Nancy, di cui ha potuto frequentyare dei sminari nel 1885-1886 successivamente alla borsa di studio parigina, ma si tratta di clinici senza una vera fama mediatica e per di più attivi in una Università di provincia, per cui preferisce proporre i propri interventi come ispirati al grande Charcot, che è un medico scienziato parigino di fama internazionale.

Freud si sforza di mettere cappello sul suo nome, ne traduce puntualmente in tedesco le Lezioni (1886, 1892-1894) e alla sua morte ne redige un lungo necrologio a base di superlativi (1893) per il Wiener Medizinische Wochenschrift, in cui lo definisce un genio, un grande visionario che ha fondato la vera neuropatologia, sentendo che: “la giovane scienza neurologica ha perduto prematuramente il suo maggior promotore, i neurologi di tutto il mondo il loro maestro, la Francia uno dei suoi uomini migliori”.

 

 

 

 

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