Giovanni Francesco Pivati magnetista (1689-1764)

 

Giovanni (Gian) Francesco Pivati è un giurista dedito anche allo studio della fisica e della fisiologia, veneziano ma con frequentazioni bolognesi, è un medico informale di cui si sa relativamente poco e che generalmente non viene citato nelle storie del magnetismo-ipnotismo-suggestione (o che almeno non ho mai incontrato fino a quando non gli ho dedicato un capitolo nel Manuale).

Accademico dell’Accademia delle Scienze di Bologna, viene citato saltuariamente per suggerire che fosse anche un Libero Muratore e più spesso per il suo relativamente noto Nuovo Dizionario Scientifico E Curioso Sacro-Profano, da lui pubblicato a Venezia nel 1750.

Attraverso il magnetismo elettrico, Pivati si propone di accelerare quelli che allora si ritenevano essere gli spiriti elettrici del corpo umano, per mezzo di alcuni cilindri di vetro sopra i quali aveva spalmato del “balsamo Peruviano”, ottenendo straordinari risultati di cura.

Nel 1749 Pivati pubblica a Venezia un volume dedicato alle proprie Riflessioni fisiche sopra la medicina elettrica.

Pivati sottolinea che la medicina magnetica è una delle maggiori promesse terapeutiche dell’epoca, in quanto: “La sperienza però oggidì ci fa vedere che possiamo colla forza dell’Elettricismo introdurre ne’ corpi umani le parti più spiritose, e più attive delle materie medicamentose per una strada di gran lunga più brieve, e più efficace di quello abbia sin ora fatto l’Arte Medica”.

Per cui ci dimostra, tra l’altro: “1. Che il vetro intonacato dì materie spiritose e secche, adoperato per l’elettrizzazione, tramanda effluvi, e questi copiosissimi […] 3. Che cotesti effluvi, o particelle più sottili si spargono per l’aria riempiendo l’ambiente d’intorno, la catena di ferro, e qualunque corpo che incontrano capace di Elettrizzazione, e per conseguenza anche la persona dell’Elettrizzando. IV. Della maniera con cui si può supporre che queste particelle sottilissime s’insinuino nel corpo umano, e in qual guisa ne possa ritrar benefizio”.

Fra i casi trattati da Pivati possiamo ricordare quando, trovandosi nei colli Euganei e stante che “Correvano allora colà molte febbri reumatiche intermittenti”, decise di intervenire con la sua apparecchiatura di cilindri magnetizzati in vetro, per cui: “Cominciai ad elettrizzare tutti i febbricitanti di tal natura, che mi vennero alle mani […] Alla prima giornata della operazione, o al più alla seconda, non ritornò più la febbre, restandone affatto libere nove persone di età e di sesso differenti”.

Altro caso: “Un uomo di età di 42 anni ed un giovane di tredici ambidue lienosi, dopo varie elettrizzazioni rimasero liberi, spuntando loro alla cute varie picciole pustulette dopo l’operazione, con un rossore notabile; e perchè toccati con un dito o con un ferretto d’argento sulla parte difettosa, si scuotevano con una gagliarda sensazione, interrogati della ragione asserirono, che pareva ad essi che ad ogni tocco si sentissero ad attrarre internamente e succhiarsi la milza”.

Un altro caso (ma nel Manuale ne riporto diversi) quando: “Un Signore in età di anni 50, storpio da una sciatica di molti anni, a segno di non poter fare un passo che col bastone, elettrizzato col cilindro anche semplice due sole volte, e non ebbe più bisogno del sostegno, ma andò d’allora in appresso liberamente per tutta la Città” .

Pivati non ha la pretesa di fondare una nuova scienza del magnetismo animale, ma utilizza, tra l’altro, un’apparecchiatura a cui dedica un intiero capitolo: “Osservazioni sopra le cassettine di resina sulle quali si fa montare l’Elettrizzando, e sopra la tavola che si suol porre fra i piedi di esso e la resina; e sul ferro che suolsi fargli tenere in mano per comunicargli la Elettricità”.

Pivati non era un mesmerista (anche perché Mesmer viene dopo) ma certo sarebbe difficile ignorare che l’astuto Mesmer, laureato a Vienna e studioso dell’allora ben nota medicina elettrica italiana, aveva buone probabilità di essere in cuor suo (oltre che un seguace segreto di Mead) anche un pivatista (specie considerando il suo baquet).

 

 

 

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