Phineas Quimby ipnotista (1802-1866)

 

L’autodidatta Phineas Parkhurst Quimby (1802-1866) comincia a pubblicare alcuni interventi in tema di counseling e di terapia (Quimby, 1846-1865) dopo avere consolidato la sua pratica di psicologo terapeuta nel Maine.

Quimby assiste nel 1838 a una serata ipno-teatrale condotta da Charles Poyen, allievo di Puységur che è in tournée nel New Hampshire e che ha appena pubblicato negli Stati Uniti il suo manuale di grande successo (Poyen, 1837).

Quimby sente subito la vocazione a comprendere e ad applicare personalmente questo magnetismo terapeutico, per cui prende a fare lo stesso che ha visto fare a Poyen, rendendosi conto che è possibile curare molte persone con l’impiegare una terapia che è solo mentale.

In seguito Quimby, che originariamente ha un’attitudine intellettuale piuttosto laica, prende a collegare la sua prospettiva pan-psicologica con la spiritualità cristiana, assai diffusa negli Stati Uniti, arrivando a parlare di una cura che è anche spirituale oltre che mentale. Alla fine: Quimby parla di terapia cristiana o di scienza cristiana della guarigione.

Quimby non pensa affatto a qualche fluido magnetico, ma crede, per dirla con le sue stesse parole, che: “La malattia è una convinzione” per cui “un individuo è per se stesso ciò che egli pensa di essere, ed egli è malato nelle sue convinzioni [he is in his belief sick]. Se penso di essere malato, io sono malato, perché le mie sensazioni sono la mia malattia, e la mia ma-lattia è la mia convinzione, e la mia convinzione è nella mia mente. È per questo che tutte le malattie sono nella mente o nelle convinzioni. Ora, siccome la nostra convinzione, cioè la nostra malattia, è fatta di idee, che sono materia [spirituale], occorre sapere in quali convin-zioni ci troviamo immersi; poiché curare la malattia è correggere l’errore, e siccome la ma-lattia è ciò che consegue all’errore: distruggete la causa e l’effetto cesserà” (Quimby, 1846-1865, 186).

Quimby aggiunge anche, in un depliant che distribuisce al pubblico per invogliare le persone a rivolgersi a lui: “Il Dr P. P. Quimby annuncia ai cittadini […] che è pronto a ricevere quanti desiderano consultarlo riguardo alla propria salute, e che, poiché la sua pratica è diversa da tutte le altre pratiche mediche, occorre dire che egli non dà alcuna medicina e non fa nessuna applicazione, ma semplicemente si siede accanto ai pazienti, descrive loro le loro sensazioni [feelings] e quello che loro pensano sia la loro malattia. Se i pazienti ammettono che lui descrive loro le loro sensazioni, ecc, allora la sua spiegazione è la cura [If the patients admit that he tells them their feelings, etc, then his explanation is the cure] e, se riesce a correggere il loro errore, cambia i fluidi del sistema e ristabilisce la verità, cioè la salute. La verità è la cura. Questo modo di praticare viene applicato a tutti i casi” (Quimby, 1846-1865, 150-151).

Tale prospettiva di intervento da parte di un analista-terapeuta-guaritore-predicatore-psicotecnico viene espressa da Quimby in termini piuttosto semplici e senza particolari pretese intellettuali o scientifiche, ma contiene, almeno agli occhi di un osservatore nostro contemporaneo, la struttura dettagliata di gran parte della terapia psicodinamica o cognitivo-comportamentale che si afferma, in chiave sia teorica sia tecnica, lungo tutto il Novecento.

Il movimento terapeutico in psicologia attinge a piene mani dal suo lavoro, ma (come d’uso per molti psicologi del Novecento, per malizia o per semplice ignoranza) senza mai citarlo.

Il fatto è che Quimby non si presenta affatto come un accademico e nemmeno come un medico, mentre finisce addirittura col proclamare una visione spirituale davvero poco illuminista-positivista-scientifica, come invece è doveroso per un nuovo psicologo moderno che immagini di rendersi credibile sul piano scientifico istituzionale o che speri di fare carriera in università.

 

 

 

 

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